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Ozpetek, Napoli velata, una millefoglie

Ozpetek, Napoli velata, una millefoglie

da Chiara Giordano / domenica, 21 Gennaio 2018 / Pubblicato il Il festival con Chiara Giordano, Vale il viaggio

Quante sale cinematografiche abbiamo in Calabria. Non lo so e non sono nemmeno un’esperta di cinema.
So però che per lo più il cinema “non è sotto casa” e so anche che, talora, “ha a che fare con l’arte”. 

Blasfema affermazione direbbero gli esperti e appassionati di cinema!

 
Si dà il caso che appassionata lo sia anch’io, senza prestese di competenza ma anche con lo sguardo di chi con l’arte appunto “ha avuto a che fare” da sempre, e la vita mi ha regalato anche la fortuna di poterci “avere a che fare” ai massimi livelli, in via diretta, da protagonista o da testimone.

Ma soprattutto, in questo caso, sono napoletana. E allora la domanda? 

Ma questo film “Napoli velata” vale il viaggio? (al cinema intendo!)
Credo di si. E non certo perchè si esca dalla sala gonfi di soddisfazione emotiva o intellettuale per un buon film! 
Al di là delle analisi di un Ozpetek che, d’altra parte, va detto subito, sembra voler spingere sempre oltre la sua ricerca espressiva, anche oltre il limite della narratività possibile ma senza, purtroppo, raggiungere la visionarietà poetica di Fellini per esempio (nè forse cerca questo), un altro aspetto mi interessa segnalare:  Napoli. 
Ed è questo il perchè del “VALE IL VIAGGIO”!

Una Napoli, quella del film, che non potrà non suggerire un altro viaggio: nella città partenopea appunto!
Ma non troverete la Napoli del sole, della musica, del sorriso e della creatività, dei panorami di Mergellina e dei tramonti al Castel dell’Ovo, dei pastori, della pizza, della sfogliatella e del babà, o quella delle sale raffinate dei palazzi reali, o di quel Teatro di San Carlo i cui ori sono stati testimoni della più autentica storia della musica, o di quelle ceramiche di Capodimonte la cui eleganza racconta di una nobiltà solida e presente; ma non troverete nemmeno quella folkloristica del malocchio e delle leggende da guida turistica, o quella della borghesia colta e degli artisti che, più dei Borbone, hanno fatto di Napoli una capitale.
Non troverete nemmeno la storia più recente e le nuove sfide 2.0, con la nuova vivacità produttiva artistica, e non solo, che fa riempire le strade, le case, i musei, i teatri di gente da tutto il mondo! 
No. Troverete una Napoli settecentesca, ipnotica come quella della Gatta Cenerentola (vedi Roberto De Simone), la Napoli “di sotto”, quella delle “anime del purgatorio” il cui rito, e i suoi spazi, sono rimasti vivi e attivi addirittura fino agli anni 50 quando un atto ufficiale della Chiesa li ha impediti, senza però toglierli dalla memoria, che ora li rielabora in una nuova ricchezza come il visitatissimo “Cimitero delle Fontanelle”, meta di un turismo che del Rione Sanità non coglie il pur vero degrado sociale ma gli spunti di rinascita che i giovani cercano e realizzano con splendide attività artistiche e culturali.
E’ la Napoli di un esoterismo popolare e colto nello stesso tempo, quello di Raimondo del Sangro Principe di Sansevero e quella delle veggenti e delle fattucchiere; la città dove paganesimo e cristinità, come anche chiesa e impero, non hanno mai smesso di intersecarsi ed alimentarsi a vicenda. 

E’ la Napoli che non si vede perchè è sommersa dai luoghi comuni, dalle immagini stereotipate; e perchè, diciamolo, per capirla, ovvero per riuscire a vederla, è necessaria una spiritualità profonda, complessa, fatta di cultura e curiosità, di reattività emotiva e di pensiero laterale.
E’ la Napoli categoria dello spirito e non spazio fisico e geografico, ed è la Napoli pulsante di una ricchezza antica, negli interni delle case, nel ventre sotterraneo della sua storia millenaria, come negli squarci di luce che arrivano caravaggescamente, strabordante al punto di dover “essere” teatro, così che quella famosa e abusata “teatralità napoletana” altro non è che la necessaria esplosione di vitalità potente, ridondante, ora sana ora malata che sia, o l’una e l’altra senza definizione, come sempre in ogni tempo, in ogni dove e per ogni popolo. 
Napoli, quella velata quasi per proteggersi, è come il suo panorama: tutto fatto di elementi sovrascritti, una casa sull’altra, un livello culturale sull’altro, una storia sull’altra, che quasi ingoiano le strade come fossero solo una mera necessità di transito; un impianto urbano che all’antico e razionale castrum del centro storico ha aggiunto un’infinito fiorire, apparentemente casuale, forse talora di necessità, ma anche ricercato ed elegante nei suoi altrettanto infiniti particolari. 

Napoli è una millefoglie! 

Di quelle belle e composte da fotografia, proprio come la cartolina del panorama da Posillipo completa del pino sempre verde e del Vesuvio, ma di quelle sfogliatelle che che poi ad ogni strato lasciano esplodere una barocca crema densa di gusto, talora persino eccessiva quasi da stomacare, ma buona, con le sorprese delle sue preziose amarene o di altro al servizio della fantasia del pasticciere!

Ecco la Napoli “di dentro”, fatta delle eduardiane “voci di dentro” e di tutto quanto al sole perderebbe il suo smalto, ma che al sole ogni tanto si affaccia per recuperare realtà, come il balzachiano e universale mondo della Comédie humaine.

Ed è questa Napoli ad essere tutta nella acuta e puntuale telecamera di Ozpetek; altro il film non è.


Almeno per una napoletana, umilmente artista come me.  
Una Napoli velata che vale il viaggio, e non solo al cinema! 

Per recensioni più tradizionali di vario segno suggerisco questo link: 
http://www.cineforum.it/recensione/Napoli-velata
https://movieplayer.it/articoli/napoli-velata-memorie-di-adriana_18389/
http://www.corriere.it/spettacoli/17_dicembre_27/napoli-velata-giovanna-mezzogiorno-ferzan-ozpetek-un-atmosfera-ipnotica-eros-melodramma-thriller-a222010e-ea76-11e7-9b28-00bf098db776.shtml
 
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