2 agosto ore 22.00

Grangia di S.Anna – Montauro (CZ) *

Nei 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini
Trittico in prima assoluta

LE CENERI DI PASOLINI

versi Igor Esposito
voce recitante  Peppino Mazzotta
ideazione e regia Francesco Saponaro 

Un’installazione visiva e una traccia  sonora della durata di 11 minuti ripetuta in maniera ciclica.
Una tavola imbandita, per banchetto, e alle una scritta che segnala la distanza che intercorre tra il luogo dell’installazione e il luogo della morte di Pier Paolo Pasolini, Ostia Idroscalo. La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romano, in un campo incolto in via dell’idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il cadavere di un uomo. È Ninetto Davoli a riconoscerne il corpo.

“Quando il suo corpo venne ritrovato, Pasolini giaceva disteso bocconi, un braccio sanguinante scostato e l’altro nascosto dal corpo. I capelli impastati di sangue gli ricadevano sulla fronte, escoriata e lacerata. La faccia deformata dal gonfiore era nera di lividi, di ferite. Nero livide e rosse di sangue anche le braccia, le mani. Le dita della mano sinistra fratturate e tagliate. La mascella sinistra fratturata. Il naso appiattito deviato verso destra. Le orecchie tagliate a metà, e quella sinistra divelta, strappata via. Ferite sulle spalle, sul torace, sui lombi, con i segni degli pneumatici della sua macchina sotto cui era stato schiacciato. Un’orribile lacerazione tra il collo e la nuca. Dieci costole fratturate, fratturato lo sterno. Il fegato lacerato in due punti. Il cuore scoppiato”. dalla perizia compiuta sul cadavere di P., “Corriere della sera” del 2.11.77.

Un poeta è scandaloso sempre. Pasolini è stato il più grande poeta civile del novecento italiano.
Oggi, forse più dei suoi versi, a fare scandalo, come trent’anni fa, in “quel paese orribilmente sporco”, sono le sue denunce, le sue invocazioni, le sue profezie; il perché delle stragi e della mattanza antropologica.  I versi de Le Ceneri di Pasolini compongono un poemetto civile; poca cosa nell’era delle fiction, dell’irrealtà e del rincoglionimento globale. Essi non vogliono essere un omaggio. Lo scandalo, infatti, non ha bisogno di commemorazioni. Questi versi sono soltanto una feritoia dove filtra altra luce, altra morte, altro sguardo…

PORNO-TEO-KOLOSSAL

di Pier Paolo Pasolini
voce recitante Anna Bonaiuto
regia Francesco Saponaro 

L’avventura picaresca di Porno-Teo-Kolossal, trattamento cinematografico di Pier Paolo Pasolini scritto per Eduardo De Filippo, è ancora più avvincente se la si legge come la confessione di un insaziabile desiderio di incontro tra arte e vita che attendeva solo di essere trasferito e impressionato su pellicola, se quella tragica morte non ci avesse privato di un’occasione straordinaria.
Quello tra Eduardo e Pasolini è un incontro fondato sulla lucida complementarità di due sguardi che continuano a raccontare l’Occidente con le sue grandezze e le sue barbare miserie.
Leggendo il trattamento mi sono chiesto come restituire, con la semplicità di una voce che serve la parola, la medianica potenza di queste visioni senza incorrere nel fraintendimento di una mimesi rappresentativa.
Ho chiesto ad Anna Bonaiuto, straordinaria interprete del nostro miglior teatro, di incarnare la lingua intima che Pasolini usa in questa scrittura complessa, carica di un abbagliante impegno ideologico e di esiti definitivi e testamentari, che migra dal tessuto narrativo di impianto epico-picaresco ai dialoghi più popolari del dialetto napoletano.
Nella voce della Bonaiuto c’è l’approccio sincero e dichiarato di un innamoramento materno che ci dà la possibilità di partecipare all’imponente costruzione drammatica di una lunga sequenza di immagini che esplodono in tutta la loro caparbia violenza, appena mitigata dagli sguardi comici e teneri di Eduardo e del suo servo Ninetto, nel quale Pasolini porta a uno dei punti più alti la densità metaforico-lirica del suo linguaggio.  (Francesco Saponaro).

PASOLINI VS WARHOL?

QUASI UN TALK SHOW MULTIMEDIALE

di Francesco Saponaro
grazie ad Alessandro Del Puppo

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini viene invitato a scrivere un testo critico su Ladies and Gentlemen, una serie di ritratti di travestiti newyorkesi realizzata da Andy Warhol ed esposta tra ottobre e dicembre dello stesso anno in una grande mostra a Ferrara. Quel testo comparve soltanto sei mesi dopo, in una mostra semiclandestina aperta dopo la morte del poeta.
Nel 1975 Pasolini è al tempo stesso attuale e postumo. Accusa Warhol di essere privo di dialettica rivoluzionaria, mentre Warhol agisce già nel campo della cronaca, del vissuto, in una spettacolare messinscena di trasgressioni e successo, arti visive e omosessualità. I due nella realtà non si conobbero mai personalmente, ma questo match intellettuale tra due giganti del XX secolo è al centro di una vicenda intricata e affascinante. Intorno ruotano galleristi e critici d’arte rampanti, denaro, rock, flash e polaroid, sesso e droga, artisti e ragazzi, da una galleria all’altra, da un letto all’altro, tutti stregati dalle stelle evanescenti degli anni settanta. Pasolini e Warhol incarnano visioni opposte e inconciliabili della contemporaneità.
La voce di Pasolini che interroga e contesta l’immaginario visivo di Warhol è la parabola di un umanesimo novecentesco che si imbatte in quel mondo nuovo che il poeta delle Ceneri non volle o non poté capire fino in fondo. Francesco Saponaro

* Nota storica sul sito, “nuovo luogo del festival”. Foto di Antonio Renda

La Grangia di Sant’Anna è un luogo di grande suggestione storica e paesaggistica. In particolare è su quella direttiva di terre del normanno Ruggero d’Altavilla che le aveva concesse per le preziose costruzioni che oggi ammiriamo ancora (Scolacium oggi parco archeologico a Borgia,  Squillace e il suo Castello, Montauro e la Grangia, Serra San Bruno e la grandiosa certosa ).
Il Festival ha seguito questo percorso.
Durante il Medioevo si usava il termine “grangia” per indicare un magazzino per la raccolta del grano e di ciò che serviva per la semina. In seguito, il magazzino venne trasformato in un complesso di edifici in cui vivevano i monaci dediti all’agricoltura. La sua edificazione è attestata nell’anno 1096 dal monaco Bruno o Brunone di Colonia su territori donati da Ruggero d’Altavilla. Le fonti ci informano che in quegli anni esisteva in questo luogo il monastero di San Giacomo in Montauro, una “cella” di pochi monaci e frati conversi. Detto per lungo tempo in ambito certosino “la casa di Montauro”, curò i casali di Gasperina e Montauro, nonché quelli di Aurunco ed Oliviano. Il 1514 passò dalla regola certosina a quella cistercense dell’abbazia di Fossanova e di questo periodo sarebbe databile il mutamento della denominazione del monastero di San Giacomo in Montauro in grangia di Sant’Anna.
L’uso medievale del nome grangia però fu più estensivo, indicando non solo il singolo edificio, ma anche il complesso di edifici che costituivano la struttura agricola e, ancora in senso più ampio, l’insieme della proprietà agraria, cioè i terreni e gli edifici che vi sorgevano. La grangia di Sant’Anna governò i territori dei casali di Aurunco ed Oliviano distrutti e dei casali di Montauro e Gasperina ancora abitati. I ruderi della grangia di Sant’Anna ricadono attualmente nel territorio di Montauro.
Tuttavia da vari elementi descritti si evince che la storia della grangia, nonché quella dell’antecedente monastero di San Giacomo, coinvolge sia Montauro che Gasperina. Si osserva, inoltre, che a causa della morfologia del luogo in cui sussistono i ruderi suddetti, altri elementi da ritenere parti integranti del complesso monastico potevano sorgere in territorio di Gasperina, a monte della cortina muraria in cui si apre il portale d’ingresso della medesima grangia. Si evidenzia che gli elementi della tessitura muraria dei ruderi della grangia sono di provenienza locale. I tempi e i modi della fortificazione della Grangia rimangono al momento solo ipotizzabili. La linea architettonica della grangia apparterrebbe alla cultura degli abati-architetti di Citeaux, seguaci di Bernardo di Clairvaux. Il manufatto risulterebbe prettamente cistercense nell’impianto strutturale-architettonico ancora leggibile, databile, pertanto, tra la fine del XII e i primi del XIII secolo, periodo in cui i monaci cistercensi riorganizzarono i beni posseduti dai certosini. Quest’ultima ipotesi è stata messa in discussione soprattutto perché le torri angolari dell’edificio, ancora oggi, presentano bocche da fuoco e, quindi, la datazione del manufatto dovrebbe partire da un’età più recente. La cortina può essere attribuita, in mancanza di analisi archeologiche approfondite, ad una fase compresa tra la seconda metà del ‘500 ed i primi del ‘600. Il terremoto del 1783 segnò la fine di questo magnifico luogo.

Armonie d’Arte Festival – Nuove Rotte mediterranee
Connessione dello spettacolo alla declinazione 2022 del macro tema del Festival (nuove rotte mediterranee): TRANSITI

La vita di Pasolini, il suo pensiero, la sua produzione artistica, testimoniano tutta la capacità di utilizzare il concetto di “transito” immateriale come valore di rinnovamento tematico, di consapevolezza identitaria, di creatività e di visione del futuro.
In tal senso il Festival, nell’anniversario centenario della nascita, non poteva che proporne un percorso di lettura contemporanea.

il direttore artistico – Chiara Giordano

TORNA SU